Sentenza n.51 del 1972

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 SENTENZA N. 51

ANNO 1972

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori:

Prof. Giuseppe CHIARELLI, Presidente

Prof. Michele FRAGALI

Prof. Costantino MORTATI

Dott. Giuseppe VERZÌ

Dott. Giovanni Battista BENEDETTI

Prof. Francesco Paolo BONIFACIO

Dott. Luigi OGGIONI

Dott. Angelo DE MARCO

Avv. Ercole ROCCHETTI

Prof. Enzo CAPALOZZA

Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI

Prof. Vezio CRISAFULLI

Dott. Nicola REALE

Prof. Paolo ROSSI, Giudici,

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 405, secondo comma, del codice civile, promosso con ordinanza emessa il 5 novembre 1969 dal pretore di Sant'Agata di Militello nel procedimento di affiliazione delle minori Scrima Patrizia, Daniela e Maria Franca su istanza di Romano Francesco, iscritta al n. 104 del registro ordinanze 1970 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 89 dell'8 aprile 1970.

Visto l'atto d'intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 9 febbraio 1972 il Giudice relatore Michele Fragali;

udito il sostituto avvocato generale dello Stato Michele Savarese, per il Presidente del Consiglio dei ministri.

 

Ritenuto in fatto

 

1. - In questa causa si deduce l'illegittimità costituzionale dell'art. 405, comma secondo, del codice civile, in relazione all'art. 3, comma primo, della Costituzione, in quanto vi si dispone che il giudice tutelare, ove esistano gravi motivi, può autorizzare l'affiliazione di un minore anche se il coniuge rifiuta l'assenso, soltanto nel caso di separazione legale e non in quello di separazione di fatto.

L'ordinanza che solleva la questione é del pretore di Sant'Agata di Militello; e vi si osserva che la diversità del titolo della separazione non é idonea a sostanziare una diversità di situazioni tale da giustificare una disciplina normativa differenziata, dato che la separazione legale é soltanto il formale riconoscimento giuridico di uno stato di fatto.

2. - Il Presidente del Consiglio dei ministri, intervenuto in giudizio, ha anzitutto rilevato che l'affiliazione riguardava un figlio adulterino ed il pretore non si era proposto il quesito se l'affiliazione ne era ammissibile; nel merito ha osservato che la separazione di fatto, a differenza di quella legale, lascia immutati gli obblighi ed i diritti derivanti dal matrimonio, donde una diversità di situazioni giuridiche, che esclude ogni lesione al principio di eguaglianza; questo principio sarebbe stato invece violato se la norma impugnata avesse pareggiato entrambe quelle situazioni.

3. - All'udienza del 9 febbraio 1972 l'Avvocato dello Stato ha confermato le proprie tesi e conclusioni.

 

Considerato in diritto

 

La Corte ritiene che non lede il principio di uguaglianza l'art. 405, secondo comma, del codice civile, che, soltanto quando vi é separazione legale, e non anche nel caso di separazione di fatto, ammette l'affiliazione di un minore se non vi consente il coniuge del richiedente.

Giova anzitutto sottolineare che il testo attuale della norma denunziata ha voluto risolvere una questione sorta nel vigore dell'art. 402 del libro primo del codice, ove, per l'affiliazione di un minore, si prescriveva semplicemente "l'assenso dell'altro coniuge", se il richiedente era coniugato. Nella giurisprudenza si era fatta strada, pur non senza contrasto, l'opinione per cui tale assenso non era richiesto nel caso di coniugi comunque separati, di fatto o legalmente; e, nel testo definitivo del codice, quello vigente, si é ritenuto di specificare che l'assenso predetto non é necessario nel solo caso di separazione legale.

Questa determinazione normativa é coerente alla regola per la quale la separazione di fatto non ha alcun effetto sugli obblighi e sui diritti derivanti dal matrimonio, come non avrebbe alcun effetto la separazione consensuale, ove non venisse omologata dal tribunale (art. 158 cod. civ.). Gli é che il rapporto coniugale e gli obblighi che ne derivano, a motivo degli interessi che coinvolgono, non possono essere nella disponibilità delle parti; e così, non il fatto materiale della cessazione della convivenza può sospenderne l'efficacia, ma l'accertamento giudiziario di una causa di giustificazione della separazione o l'impossibilità attuale di fare riprendere la coabitazione.

V'é una differente situazione giuridica pertanto fra il caso in cui il coniuge separato legalmente rifiuta di consentire l'affiliazione ed il caso in cui il rifiuto é del coniuge che vive separato di fatto da chi richiede l'affiliazione. La differenza appare più evidente se si esemplifica un’ipotesi in cui il giudice abbia rigettato la domanda di separazione o abbia rifiutato l'omologazione di quella consensuale e tuttavia la separazione continui: questa situazione non é assimilabile né equiparabile a quella in cui invece la domanda sia stata accolta o l'omologazione accordata.

La disuguaglianza che il giudice a quo scorge nell'art. 405, secondo comma, del codice civile, é conseguenza di una diversità obiettiva delle situazioni considerate; e l'art. 3 della Costituzione non impone di parificare situazioni dissimili.

L'obiezione per cui anche nel caso di separazione di fatto, come in quella legale, é possibile che il rifiuto dell'assenso all'affiliazione sia pretestuoso o contrario allo stesso interesse del minore attiene a valutazioni di convenienza che soltanto il Parlamento può compiere e, per di più, pone in risalto circostanze dipendenti da comportamenti accidentali della parte, che non possono essere prese in considerazione nella sede del processo costituzionale.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 405, secondo comma, del codice civile, proposta dal pretore di Sant'Agata di Militello, con ordinanza 5 novembre 1969, nella parte in cui, nel caso di separazione coniugale di fatto, non consente al giudice tutelare di autorizzare l'affiliazione di un minore per gravi motivi, ove il coniuge del richiedente rifiuti il suo assenso.

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 9 marzo 1972.

Giuseppe CHIARELLI - Michele FRAGALI

Depositata in cancelleria il 15 marzo 1972.